POW o POS? L’importanza del Protocollo di Consenso nelle Blockchain

Come abbiamo ormai compreso, la sicurezza e la solidità di una blockchain è direttamente relazionata alla quantità e qualità dei nodi che la compongono.
L’immodificabilità di un dato in blockchain è garantita solo da questi elementi; più una blockchain è vasta (possiede un grande numero di nodi), più i nodi sono distribuiti in modo omogeno nel mondo e più sono affidabili (nodi di qualità), maggiore sarà la sicurezza e l’inalterabilità di questa blockchain.

E’ qui che si gioca la partita. La blockchain non è una tecnologia intrinsecamente sicura ed immodificabile, tutto dipende dal modello di decentralizzazione e dal protocollo di consenso utilizzato. Per questo motivo le blockchain pubbliche, dove chiunque può diventare nodo, sono considerate tra le più sicure, perché la decentralizzazione è massima e la “corruzione” dei nodi, vista la sua vastità, è praticamente impossibile. Le blockchain di Bitcoin ed Ethereum sono due degli esempi più alti di questo concetto.

Ma cos’è e a cosa serve il Protocollo di Consenso? E perché è così importante?

Il protocollo di consenso rappresenta “la carta costituente” di una blockchain, l’insieme di regole e tecnicismi che disciplina il funzionamento e le ricompense dei suoi nodi.

Rappresenta in sostanza le “regole del gioco” sia per gli attori primari (nodi) che per gli utilizzatori (utenti). Questo è il suo scopo principale.

E’ importante perché queste regole, una volta definite, diventano anch’esse immodificabili senza il consenso della maggioranza dei nodi, e determinano il successo in termini di diffusione (crescita dei nodi) ed utilizzo (crescita di utenti) della blockchain stessa.

Non solo, il protocollo di consenso garantisce anche la qualità dei nodi, imponendo un preciso standard da mantenere per essere accettato dalla rete, validare transazioni e ricevere le ricompense. La “violazione” di queste regole può portare alla chiusura del nodo e la perdita dei fondi investiti ed accumulati.

Ma quali tipologie di consenso esistono oggi? E che differenze ci sono tra queste?

Ne esistono molte ed in crescita, ma due sono le principali:

Il Protocollo di Consenso Proof of Work (POW) e Proof of Stake (POS).

Il Proof of Work mette al centro della garanzia che il nodo deve fornire alla rete il “lavoro”.

Un nodo in Proof of Work deve dar prova di avere fatto un “gran lavoro” per meritarsi la ricompensa derivante dalla validazione di una transazione, non perché questo lavoro sia necessario alla validazione in se, è una semplice scrittura di un record in un database, ma perché deve vincere una competizione per averne diritto, e questa competizione è rappresentata dalla risoluzione di un indovinello matematico molto complesso.

Chi prima lo risolve vince e si guadagna la validazione con relativa ricompensa.

Come nodo, se vuoi avere chance di vincere, devi avere un bel po’ di potenza di calcolo, hardware che lavora incessantemente per risolvere più indovinelli possibili.

Per fare questo non basta un banale PC, serve fare un investimento, avere una batteria di server che lavorano in parallelo, che si surriscaldano e consumano energia, insomma serve un vero e proprio “progetto di business” a medio lungo termine che permetta di recuperare l’investimento iniziale, pagare i costi ricorrenti (Capex e Opex) e guadagnare.

E tutto questo per?

Per garantire alla rete che non sei un “avventuriero”, un nodo che oggi c’è e domani no o che sarai online a tratti, ma un nodo “serio ed affidabile” in quanto interessato ad esserci sempre e in modo efficiente, interessato a ripagare il tuo investimento e guadagnare, come una qualsiasi azienda in un qualsiasi business.

Nel Proof of Stake la garanzia che la rete chiede ai nodi è basata invece sui “soldi”.

Per diventare nodi di una blockchain Proof of Stake è necessario “bloccare” in uno smartcontract in certa quantità di soldi (cryptovaluta) per una certa quantità di tempo.

Non c’è nessun indovinello matematico da risolvere, il protocollo distribuirà le validazioni da processare, e quindi le relative ricompense, in base a regole di rating che i nodi si conquistano nel tempo basate sulla disponibilità del nodo, il rispetto delle procedure tecniche, delle politiche di sicurezza ed affidabilità, ed altri parametri.

Ovviamente più soldi si hanno da investire, più nodi si possono creare e più ricompense si ricevono.

Ad primo impatto sembrerebbe che le blockchain che utilizzano il protocollo di consenso in POS siano migliori delle POW, consumano meno energia non costringendo i nodi a fare un lavoro “inutile” per risolvere indovinelli matematici e vincere la competizione. Le blockchain POS sono quindi più “Green” e più ecosostenibili di quelle POW, e questo è senz’altro vero, non ci sono dubbi.

Non dimentichiamoci però degli aspetti sociali, democratici e di decentralizzazione che sono alla base della nascita di questa tecnologia.

Chiunque con i soldi può essere “facilmente” nodo di una blockchain POS e aspirare anche a prenderne il controllo riuscendo a possederne la maggioranza di essi.

In una blockchain POW non basta avere soldi, server competenza, conoscenza delle infrastrutture e dei software, gestire le manutenzioni, servono componenti fisici (hardware) per avere più nodi, serve personale che si occupi dalla gestione e della manutenzione delle farm, insomma serve molto lavoro oltre i soldi. Non solo finanza ma lavoro “vero”.

Da qui ognuno può fare le proprie riflessioni e trarre le relative conclusioni, accogliamo quindi con entusiasmo la diffusione della Proof of Stake senza dimenticarci il valore e le caratteristiche del protocollo Proof of Work, ciò che tutela ed il modello “sociale” che promuove.

Buone riflessioni, perché anche su questa tecnologia si baserà il nostro futuro e quello delle nuove generazioni!